San Dalmazzo

Giovane laico di famiglia patrizia romana, il quale incontrato il Vangelo abbracciò il cristianesimo, lasciò gli agi di una vita comoda e di una brillante carriera e, negli anni terribili delle persecuzioni imperiali, sacrificò la propria vita per questo ideale, insieme ad un gruppo di compagni di fede.

Recentissimi studi agiografici restituiscono la figura di San Dalmazzo come un laico evangelizzatore vissuto nel III secolo d.C., in epoca precostantiniana, che fece di Pedona (oggi Borgo San Dalmazzo) il centro della sua opera missionaria e fu martirizzato il 5 dicembre 254 d.C. sulle rive del torrente Vermenagna presso Roccavione.

La sua predicazione apostolica e poi la sua fama di santità dopo il martirio si irradiano lungo un vasto territorio che dal Piemonte si sposta in Lombardia, Emilia, Toscana, Liguria e nell’oltralpe francese delle Alpi Marittime spingendosi a Nizza e verso Marsiglia.

I nuovi studi, che riprendono ed ampliano quelli pubblicati da Mons. Alfonso Maria Riberi nel 1929, hanno sfrondato l’agiografia del santo dalle sovrastrutture e dai toni enfatici che alcune antiche Passiones avevano tramandato nella tradizione popolare e soprattutto hanno chiarito definitivamente due equivoci di fondo quali l’elevazione a vescovo di Pavia e l’arruolamento nella legione tebea, che tra il XVIII e il XX secolo avevano creato non pochi problemi interpretativi.

Ne emerge la figura di un giovane laico di famiglia patrizia romana, il quale incontrato il Vangelo abbracciò il cristianesimo, lasciò gli agi di una vita comoda e di una brillante carriera e, negli anni terribili delle persecuzioni imperiali, sacrificò la propria vita per questo ideale, insieme ad un gruppo di compagni di fede.

Sulla sua tomba nella necropoli romana di Pedona sorse prima una cappella della memoria e poi una basilica che nel medioevo fu per diversi secoli, il cuore pulsante di una grande abbazia benedettina che estendeva le sue dipendenze in un vasto territorio dell’Italia nord-occidentale e oltralpe in Provenza e nizzardo.

Nel XV secolo l’abbazia fu soppressa e la parrocchia fu accorpata alla diocesi di Mondovì e tale rimase fino all’erezione della diocesi di Cuneo nel 1817.

L’eredità della cura della devozione e del culto del santo passò alla Confraternita di San Dalmazzo (che aveva sede nella Cappella superiore della chiesa ex abbaziale) che continuò la sua attività dal XVI secolo alla metà del XX. Oggi, dopo alcuni decenni di silenzio, la Confraternita si è ricostituita ed è tornata operante, ovviamente in chiave moderna ed adatta ai tempi, ma sempre col principale scopo di tener vivo il culto e la preghiera verso il primo martire cristiano di questo territorio.

Nel 2017, nelle celebrazioni del bicentenario della Diocesi, la Santa Sede ha nominato San Dalmazzo martire patrono secondario della diocesi.

San Dalmazzo patrono secondario della Diocesi di Cuneo

Durante la celebrazione di domenica 16 luglio in piazza Galimberti è stato letto il decreto della Congregazione del Culto divino e della disciplina dei sacramenti con cui San Dalmazzo, martire, è stato proclamato patrono secondario presso Dio della diocesi di Cuneo.
Dalmazzo è stato l’evangelizzatore delle Alpi Marittime e della regione tra Liguria, Piemonte ed Emilia nel corso del III secolo, finendo martire a Pedona nel 254, come riportato nelle “passiones”, risalenti tra la fine del VI. Venne poi inserito nel Martirologio Romano al 5 dicembre come vescovo di Pavia.
Sulla sua tomba la regina Teodolinda promosse la fondazione di un’abbazia. San Dalmazzo di Pedona, fiorita in età longobarda e carolingia, rovinata per incursioni saracene nel 906. L’abbazia riemerse a fine secolo X con un secondo periodo di attività e venne unita alla Mensa Episcopale di Mondovì nel 1438. Nel 1817, all’istituzione della diocesi di Cuneo, si ventilò la proposta di scegliere san Dalmazzo come patrono, ma si rimase incerti sull’attendibilità storica della sua vita e si optò poi per san Michele Arcangelo come patrono. Recenti scavi archeologici nella chiesa parrocchiale hanno portato alla luce la continuità di culto in quel sito fin dal V-VI secolo su una necropoli romana.